Quando arrivò il pomodoro in Puglia? Le origini americane e l’adozione contadina
Oggi ci sembra impossibile immaginare la cucina pugliese senza il pomodoro, eppure questo frutto – sì, frutto – è un ospite relativamente recente nella storia gastronomica dell’Europa. Originario del Sud America, il pomodoro fu introdotto in Europa nel XVI secolo, subito dopo la scoperta del Nuovo Mondo. Ma il suo arrivo sulle tavole, e soprattutto nei piatti popolari del Sud Italia, fu tutt’altro che immediato.
Inizialmente considerato solo una pianta ornamentale, il pomodoro fu accolto con sospetto: troppo rosso, troppo esotico, e parte della famiglia delle solanacee – le stesse delle velenose belladonna e mandragora. Per secoli rimase ai margini della cucina, finché la cultura contadina, attenta all’osservazione pratica più che ai pregiudizi, cominciò a riconoscerne il valore. La Puglia, con il suo clima secco e soleggiato, i suoli poveri ma generosi, divenne un terreno fertile non solo in senso agronomico, ma anche culturale e gastronomico per questo “nuovo” alimento.
Furono proprio le famiglie contadine a iniziare a coltivarlo, selezionarlo e cucinarlo, integrandolo nelle zuppe, nei sughi, nei piatti della festa. In poco tempo, il pomodoro passò da pianta curiosa a ingrediente indispensabile. Divenne simbolo di abbondanza, colore e sapore, capace di trasformare una fetta di pane raffermo in un pasto, un pugno di pasta in un piatto completo.
Nella terra di Lucera e del Tavoliere, in particolare, il pomodoro si affermò con forza, adattandosi perfettamente all’ambiente e entrando a far parte della cultura agricola del territorio. Oggi, nelle aziende come Paolo Petrilli, questo legame profondo viene onorato e portato avanti attraverso la coltivazione di varietà locali e la trasformazione artigianale che continua a raccontare una storia fatta di fatica, intuizione e passione.
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Il pomodoro nella cucina rurale: conserve, salse e riti familiari
In Puglia, parlare di pomodoro significa parlare di famiglia, stagioni, memoria. Perché, prima ancora di essere un ingrediente, il pomodoro è stato – e continua a essere – un rito collettivo. Ogni estate, nelle masserie e nei paesi, la “giornata della salsa” rappresentava (e rappresenta ancora) un appuntamento atteso e condiviso. Un momento in cui intere famiglie si riunivano per preparare le conserve, trasformando centinaia di chili di pomodori in passate, pelati, sughi pronti da consumare tutto l’anno.
Era – ed è – molto più che una necessità alimentare: è un atto d’amore, un modo per prendersi cura della famiglia nei mesi a venire, per trasmettere saperi da una generazione all’altra. I bambini schiacciavano i pomodori con le mani, gli adulti sbollentavano e pelavano, i nonni controllavano che tutto fosse fatto “come si deve”. I profumi erano ovunque, il vapore del pomodoro riempiva i cortili, e il suono delle risate si mescolava al ticchettio delle bottiglie di vetro disposte ordinatamente per l’imbottigliamento.
Alla Paolo Petrilli, abbiamo scelto di onorare questa tradizione, replicandola ogni giorno nella nostra manifattura. I pomodori vengono coltivati come allora, raccolti a mano e lavorati da squadre di donne del territorio, formate dalle loro madri e nonne. Non ci sono linee industriali, ma gesti antichi ripetuti con cura, proprio come nelle cucine contadine del passato.
Questa attenzione non è solo affettiva, è anche qualitativa: pelare i pomodori a mano, senza stressarli con macchinari, preserva intatto il sapore, la consistenza e i profumi naturali. Ed è per questo che ogni barattolo dei nostri pelati o della nostra passata racchiude il gusto della vera cucina rurale pugliese.
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Le varietà locali: prunilli, gialli, tondi – biodiversità e territorio
Dietro ogni grande pomodoro c’è una storia. E in Puglia, queste storie parlano di semi antichi, di ceppi selezionati a mano, di resistenza contadina. La regione è da sempre un bacino straordinario di biodiversità agricola, e il pomodoro non fa eccezione. Ben prima che le sementi ibride dominassero il mercato, nei campi pugliesi crescevano varietà adattate al clima, al suolo e al sapere delle famiglie rurali. Oggi, alla Paolo Petrilli, queste varietà sono il cuore pulsante della nostra produzione.
Uno dei nostri gioielli più preziosi è il prunillo: un piccolo pomodoro dalla forma leggermente allungata, dalla polpa densissima, con un gusto dolce e concentrato. È perfetto per le conserve, ma anche per sughi veloci o cotture brevi. La sua pelle sottile e la ricchezza di zuccheri naturali lo rendono una rarità preziosa, praticamente scomparsa dall’agricoltura industriale. Noi lo abbiamo recuperato e moltiplicato, partendo da semi trovati nei campi abbandonati del nostro territorio.
Accanto ai prunilli, coltiviamo anche pomodori gialli, dal sapore più delicato e aromatico, ideali per chi cerca un’alternativa al classico rosso, ma senza rinunciare alla qualità. E poi ci sono i tondi da pelare, coltivati su terra povera, volutamente con basse rese, per ottenere frutti compatti, dolci e resistenti alla cottura.
Questa varietà non è un vezzo: è una scelta agricola e culturale. Coltivare pomodori diversi significa nutrire la biodiversità, preservare le identità locali, ma anche offrire al consumatore una gamma di sapori autentici e distintivi, lontani anni luce dai prodotti standardizzati.
La Puglia ci insegna che la terra ha memoria, e ogni varietà autoctona è una pagina di quel racconto. Alla Paolo Petrilli, scriviamo ogni giorno nuove righe, ma sempre con lo stesso inchiostro: la passione per la verità del gusto.
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Oggi come ieri: perché il pomodoro resta il cuore della cucina pugliese
Nonostante i cambiamenti nei gusti, nelle mode culinarie e nei ritmi di vita, il pomodoro resta ancora oggi il protagonista indiscusso della cucina pugliese. Non è solo un ingrediente: è la base, il punto di partenza, l’essenza di moltissimi piatti. Che si tratti di un sugo semplice per condire le orecchiette, di una salsa ricca per gli ziti al forno, o del profumo familiare di una parmigiana appena sfornata, il pomodoro è sempre lì. E non per abitudine, ma perché è insostituibile.
Questo legame profondo ha radici culturali ma anche affettive. In Puglia, il pomodoro è memoria, è famiglia, è infanzia. È il barattolo che si apriva d’inverno e riportava in casa il profumo dell’estate. È il pomeriggio passato a pelare e imbottigliare, il sugo che “pippiava” sul fuoco, il pane intinto direttamente dalla pentola. Sono gesti e sapori che fanno parte della nostra identità, e che ancora oggi resistono, anche nei tempi della fretta e del cibo pronto.
Alla Paolo Petrilli, custodiamo e rinnoviamo ogni giorno questo patrimonio. Scegliere varietà autoctone, coltivarle in modo biologico, pelarle a mano, trasformarle senza additivi: sono tutte scelte che parlano di rispetto. Rispetto per la terra, per chi la lavora, per chi porta quel barattolo a tavola. Il pomodoro è il filo rosso che unisce generazioni, stagioni e storie. E in Puglia, questo filo è ancora ben saldo.
In un’epoca in cui tutto cambia, il pomodoro pugliese resta un punto fermo, un simbolo di autenticità. Non serve reinventarlo: basta ritornare alla sua essenza, e lasciarlo parlare da solo, con il suo sapore pieno, il suo colore vivo, il suo profumo inconfondibile.
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